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NOTA PER I LETTORI: nessuna voglia di fare l'intenditore, il professore. Vi scrivo solo da ascoltatore di rap italiano dal 1999, spero di consigliarvi qualcosa di buono, seguendo i miei gusti ovviamente, che, inevitabilmente potranno essere diversi dai vostri...
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EeYo! Lordtiranus aka Chef D.

martedì 8 aprile 2014

La vittima è la musica, l'accusa è di omicidio.

Ormai all'alba dei miei trent'anni posso affermare, non senza un certo orgoglio, che il rap (soprattutto quello italiano) mi appartiene spiritualmente da quasi vent'anni. A dodici, quando quel brav'uomo di mio padre, mi regalò per il mio compleanno la mia prima radio con i cd (la scelse al posto della Playstation), comprai in un negozietto della mia Sampierdarena l'album di Frankie Hi-Nrg "La morte dei miracoli". 


Correva l'anno 1997 e la scena italiana aveva già dato vita a scene potentissime come quella romana del Rome Zoo e al nord le varie Area Cronica, gli ATPC eccetera eccetera. Da lì è stato tutta una discesa, il cd degli ATPC, il gruppo rap delle scuole medie (colgo l'occasione per salutare Sfera, mio compagno di classe e di freestyle in casa sua) e una passione che non è mai sfociata in un'attività in prima persona ma da "cultore", mi si passi il termine.

All'improvviso qualcosa si è rotto o meglio qualcuno, nelle alte sfere della musica italiana, ha capito che la generazione successiva alla mia (quindi quelli nati nei novanta) poteva essere un pollaio abbastanza vasto per lobotomizzarli con una nuova tipologia di "rap". Eh sì, perché se ai miei tempi il video del Colle su The Box era quasi da sovversivi a partire dai Duemila inizia a sdoganarsi nelle tv e nelle radio la scena italiana: Gemelli Diversi, i Sottotono che vanno a Sanremo, i Flaminio Maphia, il Piotta. 





Diventano personaggi da grande pubblico, chi è che non ha riso con il "supercafone", piuttosto che commuoversi un poco con "Bada"? La cosa divertente (e lo posso dire con gli occhi del 2014) è che ai tempi queste mosse facevano storcere il naso, ma riguardandosi indietro ora posso dire che quelle in confronto erano pietre miliari della storia del rap. 

Non saprei identificare il "caso O", ovvero l'evento che ha dato il via a questo crollo non solo tecnico (perché diciamolo, le rime di questi ultimi bambocci sono qualcosa che si muove tra il patetico e il ridicolo) ma anche culturale e di immagine, anche se nella mia testa il "responsabile" è Mondo Marcio


Con il suo "Dentro alla scatola" (che passava regolarmente su Mtv) inizia la carrellata di improponibili, la trasformazione dei vecchi (Fabri Fibra in primis) in citrulli che sfornano album e personaggi che la scena commerciale vende come cioccolato, quando invece per me è solo cacca resa profumata. Il problema dei vari "bimbi-minkia del rap" attuale è che sono, per me, del tutto irriconoscibili perché se prima ti bastavano quattro o cinque secondi di base per capire di chi fosse il pezzo ora, quando senti questi fenomeni alla radio o in qualche negozio fighetto del centro commerciale vicino casa, non hai nessun riferimento a parte la basetta elettronica (brutta) uguale per tutti, la vocetta effeminata (lo dico senza omofobia, ma sentitevi i pezzi "romantici"...) o il tono da bullo dell'ultimo banco. 
Di recente ho sentito, mio malgrado, un pezzo di questi ultimi usciti, tornato a casa e ricordando qualche parola ho cercato su Google chi fosse dandomi un range di 2-3 nomi... beh, ci ho preso. 
E non perché sono un fenomeno, ma perché questa musica è diventata un blob talmente uguale a sé stesso che queste povere marionette si somigliano tutte, è il mercato che lo vuole, è il pubblico che lo vuole (by the way, il pezzo era di Emis Killa ma poco importa). Negli USA la scena patinata orecchini-macchinoni-supertroie esiste da quel dì, ma è persino meglio quella di ciò che è stato creato in Italia, perché là il tema di fondo era "da povero negro del ghetto ho fatto i soldi, ho la Bentley, le mie donne hanno tutte le tette enormi, ho la villa, la pistola, il macchinone e vi inculo a tutti motherfuckers". 
Beh lì i soldi ci sono veramente, cazzo. Qua da noi questi ragazzetti, poveracci, in un corto circuito mentale vorrebbero dare lo stesso segnale ma tenendosi strette le radici "urbane" di posti come Abbiategrasso, Vimercate, Cologno o qualche altro posto in periferia perché questo è il provincialismo italiano, tutto nostrano. 
Se poi ci si ferma un attimo a capire che a scoprirti sono magari Maria De Filippi and friends... è tutto dire.
L'ultima scoperta di questo mondo delle fate è stata Gionny Scandal. Vi allego la foto almeno capite di chi sto parlando.


Ecco, non aggiungo altro perché non c'è altro da aggiungere. 
Non dico che per fare il rap devi essere vestito come i TCQ nei primi Novanta, non è il felpone Adidas a regalarti il flow ma a tutto c'è veramente un limite.

Però la cosa che fa male a chi ascolta, e sente propria interiormente, questa roba dal 1997 è vedere dei vecchi capisaldi, persone che erano con onore dentro al movimento hip hop fino da quando era underground, duettare con questi personaggi e parere assolutamente a proprio agio, come a dire "questo è il sistema baby, ho fatto la mia gavetta e ora mi faccio i soldi", probabilmente pure pochi aggiungo io. Sfamando un pubblico, credo tra il più ignorante d'Europa, che spazia da ragazzine di 12 alle prime voglie orali agli over 25 che sabato sera vanno nel club fighetto, i quali se gli citi Elfo Oscuro del Colle der Fomento ti guardano con la faccia da triglia bollita, in MD pesante mentre smascellano forte. 

Fortunatamente qualcuno che ancora è rimasto fedele alla linea c'è, gli ultimi baluardi di una cultura devastata dalla moda, dalla noia, e dalla televisione spazzatura. Quando quei pochi superstiti, tutti o quasi intorno ai 40 anni, cadranno vorrà dire che il rap italiano è davvero imbullonato dentro ad una cassa di mogano e pronto per la sepoltura. E noi poveri e ultimi puristi di 'sta roba rapperemo al funerale.






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